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Immagine del redattoreLouis Petrella

Che estate è stata?

Aggiornamento: 2 set 2021

“Non ci sono più le mezze stagioni”: così recita una delle frasi fatte più abusate. E in effetti la primavera del 2020 non c'è stata. Ma non per motivi climatici. Meteorologicamente è stata splendida, ma davvero non è esistita, nel senso che è volata via senza che me ne accorgessi. L’estate 2020 è arrivata all’improvviso, da un giorno all’altro, e mi ha colto di sorpresa. Non avevo ancora fatto in tempo ad abituarmi al nuovo decennio, che siamo passati di colpo dall’inverno all’estate; nell’ottobre del 1582 papa Gregorio XIII abolì dieci giorni dal calendario, mentre il corona virus pare che abbia cancellato addirittura qualche mese, non dal calendario ma dalla vita vissuta.

All’inizio dell’epidemia non mi aspettavo che l’isolamento sarebbe trascorso così fulmineamente. Mi apprestavo a un periodo lungo e noioso di confinamento, giorni e giorni lenti di telelavoro, chiuso in casa, senza gli appuntamenti tradizionali come la palestra, i viaggi casa-ufficio ascoltando l’autoradio, o le lezioni serali di italiano. Sono stato più occupato che mai durante il blocco, dovendomi destreggiare tra le sfide tecnologiche del telelavoro, delle varie riunioni Skype o Zoom, delle dirette streaming, dei vari servizi online. Ma nonostante la frenesia, la vita è trascorsa quasi interamente nello stesso posto, nel mio studio, creandomi così meno ricordi e meno esperienze sensoriali del solito, senza quasi nemmeno distinguere tra giorni feriali e fine settimana.

Il tempo è quindi volato rispetto alle normali esperienze di vita, in cui incontravo persone in carne e ossa e in luoghi diversi. Anche se tante, le decine e decine di videochiamate dallo stesso ambiente alla fine si sono fuse tra di loro e, ripensando ai mesi di lockdown, ho difficoltà a identificare i diversi momenti, a differenziare le varie settimane tra di loro. La mia esperienza mentale del tempo trascorso non ha coinciso con l'orologio e col calendario. I giorni, tutti uguali tra loro, non mi hanno offerto molti nuovi ricordi, mentre la percezione del tempo è proprio dettata dai ricordi, coi quali si giudica il tempo che passa, come ci ha insegnato Proust. E pochissime cose (tra cui la lettura dei romanzi finalisti al premio Strega) mi hanno concesso qualche variazione, marcando il periodo di isolamento e imprimendo un minimo di identità e riconoscibilità a questi mesi.

Un altro segno del tempo trascorso in questa primavera di isolamento me l’hanno dato la bilancia e lo specchio, per via della palestra chiusa e della prigionìa in casa, a mangiare. Ogni tanto andavo a correre nel parco vicino casa, slalom a piedi più che jogging, scansando continuamente chi incrociavo, per evitare contagi. Ma poi, per motivi di sicurezza e di salute – una primavera belga eccezionalmente calda e il conseguente fiatone - ho diradato sempre più le mie corsette, prontamente rinfacciato dalla bilancia, e ho affrontato così l’estate con qualche chilo in più del solito.

Un’estate diversa, e non solo per la mia forma fisica. Arrivate finalmente le vacanze, si sono manifestate tutte le peculiarità di questa stagione estiva. Distanze di sicurezza, pochi contatti, mascherine sui volti, trasformate in nuovo capo d’abbigliamento: se ne sono viste di tutti i tipi, colorate, disegnate, marchiate, in tono con gli abiti. Chi le indossa, a parte la difficoltà a respirare, perde il senso dell’olfatto, non percepisce gli aromi dell’estate, né l’odore del disinfettante sulle mani. E di chi le indossa si vedono solo gli occhi, occhi che parlano, occhi che sorridono. Si celano misteri sotto le mascherine: di fronte a dei begli occhi viene da chiedersi: come sarà il resto del viso? Naso all’insù o aquilino, sottile o più marcato? E come sarà la bocca? le labbra?... Resta il fascino del mistero, degli “eyes without a face”, come cantava Billy Idol.

Comunque di gente in giro in vacanza se n’è vista tanta, mi sembra anche più dell’epoca pre-Covid. Il distanziamento sociale (fisico, più che sociale, perché i “social” hanno continuato a funzionare come e più di prima) è un concetto relativo. E sarà per il fatto che le mascherine coprono le bocche, ma mi è parso che tutti parlassero a voce alta, molto, e un po’ di tutto. Di politica, di protezione civile, di immunità di gregge, di virologi, di mascherine, di task force, di stati generali, di Bolsonaro, di Trump, di Biden, di black lives matter, del MES, del recovery fund, della Juventus, dell’Inter, della ripresa scolastica, della seconda ondata del coronavirus in autunno... Tutti esperti di tutto, coi titoli di studio variabili in base agli argomenti del giorno. Una volta in vacanza ci si staccava dal mondo, dall’attualità, raramente si guardavano i telegiornali. Oggi in rete si resta connessi a tempo pieno, 7 giorni su 7, anche in spiaggia o in gita in montagna. Io ho cercato di seguire gli avvenimenti e di pensare positivamente, ma di positivo sentivo solo i risultati dei test del Covid, coi contagi che, dopo essere scesi in tarda primavera, hanno ripreso a crescere paurosamente già in piena estate. Altro che ondata autunnale.

Con le restrizioni, chiudendo i rubinetti dei contatti fisici, il virus aveva rallentato. Ma come ogni idraulico sa, riaprendo i rubinetti il flusso ricomincia. Forse li abbiamo riaperti troppo, o troppo presto. La voglia di ricominciare a vivere e divertirsi, di riprendere le attività economiche è stata forte e comprensibile, ma in molti casi i governi si sono affidati un po’ troppo al senso di responsabilità della popolazione, che non è sempre in grado di orientarsi. Qualcosa quindi non ha funzionato.

Certo, era corretto riaprire, far ripartire la vita e l’economia, anche se alcune decisioni mi avevano lasciato perplesso, come quella di riaprire discoteche e sale da gioco lasciando chiusi teatri e uffici pubblici. Ora le discoteche sono state richiuse (almeno mentre scrivo), e sono subito partite le polemiche: c’è stato persino chi vi vede un attacco alla democrazia, come se il diritto alla discoteca sia equiparabile al diritto alla scuola, al lavoro, alla salute. Eppure anche la rivista “DjMag”, organo dei dj, ha riconosciuto che le discoteche basano per natura il loro successo sull’assembramento: luoghi pieni di gente che balla insieme allegramente. Quindi rappresentano per definizione un pericolo per la diffusione del contagio anche se, ovviamente, non l’unico. E persino Ibiza, che vive sull’industria della notte, aveva puntato quest’anno a vacanze lente, nella natura, con ritiri spirituali, meditazione e yoga, un po’ stile anni 70. Quest’estate si è quindi sprecata l’occasione di offrire più vacanze all’insegna della natura ma anche della cultura, con le dovute accortezze. Se è vero infatti che i gestori e i lavoratori delle discoteche hanno sofferto terribilmente per la chiusura, anche teatri e concerti dànno da mangiare a migliaia di persone, davanti e dietro le quinte, e il lockdown continua a essere pesante anche per queste categorie. A volte è la domanda che segue l’offerta, non sempre il contrario.

Ma forse io sarei l’ultimo a poter parlare di discoteche, non essendoci mai andato. In realtà, non ho quasi mai partecipato a eventi di massa o attività di gruppo per cui - a esser sincero - il distanziamento, il divieto di assembramento, le “bolle” sociali, non hanno influenzato granché il mio modo di vivere. L’esperienza del lockdown, per chi come me non vive intensamente in società, è stata quella di involontario esempio di comportamento per gli altri.

Invece c’è una buona parte della popolazione che non solo vive la mascherina come una fastidiosa museruola, ma che vede anche le chiusure e i distanziamenti come abuso di autorità, parte di un misterioso complotto contro i propri diritti, il proprio stile di vita, la propria felicità. Resta peraltro una contraddizione di fondo tra la libertà di divertirsi e godersi le vacanze e la necessità di evitare nuovi lockdown e chiusure, che porterebbero a un disastro economico. Si è visto ormai ovunque nel mondo che la libertà assoluta porta a gravi conseguenze sanitarie ed economiche, tanto più che in estate si è anche abbassata fortemente l’età media sia dei contagiati sia dei ricoverati. Sono allarmanti i numeri che arrivano dai Paesi che hanno allentato troppo in fretta nel nome della ripresa: alcuni di questi Paesi sono sull’orlo di una nuova chiusura completa.

Salute, sicurezza e qualità della vita hanno un costo, che può variare nel tempo. Da anni indossiamo la cintura di sicurezza in macchina e sull’aereo, ci mettiamo il casco sulla moto, e lo facciamo perché dobbiamo farlo ma anche per la salute e la sicurezza nostra e altrui. E nessuno grida alla dittatura o all’oppressione.

È una questione di abitudine: c’è voluto un po’ di tempo per rendere abituale, quasi un riflesso incondizionato, il gesto di allacciarsi le cinture di sicurezza. Forse il Covid-19 sparirà nel momento in cui, oltre ad aver trovato un vaccino, ci saremo abituati a tutte le restrizioni messe in atto. Già adesso mi sento un po’ nudo se mi vengo a trovare senza mascherina in mezzo alla gente, e mi viene l’ansia quando in un film vedo due persone avvicinarsi e abbracciarsi.

L’estate sta finendo, come cantavano i Righeira, e arriverà presto l’autunno, altra mezza stagione. Dell’autunno temevamo la seconda ondata del virus, con la riapertura delle scuole e delle attività produttive a tempo pieno. Ora invece, con l’ondata giunta già in estate, dall’autunno ci aspettiamo la risacca, un nuovo – e speriamo definitivo – calo dei contagi.

Come sarà dunque questa mezza stagione autunnale? Esisterà, o volerà via anche lei? E se esisterà, ci farà finalmente uscire dal tunnel del Covid, o ci farà sprofondare ancora di più al suo interno? Il famoso auspicio “andrà tutto bene” non si realizza da sé, automaticamente, se non siamo noi a propiziarlo coi nostri comportamenti. Il virus non ha le ali per volare, né i piedi per camminare. Usa noi per spostarsi, noi siamo il suo taxi.

Ci auguriamo che, oltre alle mezze stagioni, anche le infezioni di Covid presto non ci siano più. E su come ne usciremo, nei prossimi mesi, dipenderà molto anche da come ci siamo comportati durante le vacanze, e vedremo presto che estate è stata, questa del 2020.

©Louis Petrella

Settembre 2020


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