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Immagine del redattoreLouis Petrella

A che gioco giochiamo?

Aggiornamento: 3 feb

ll gioco è un “corpo a corpo” con il destino

(Anatole France)


Il destino mescola le carte con cui noi giochiamo (Arthur Schopenhauer)


Il vero vincitore è chi sa perdere (Caetano Veloso)


Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione (Platone)


Non si smette di giocare perché si invecchia, ma si invecchia perché si smette di giocare (George Bernard Shaw)


“A che gioco giochiamo” “fare il doppio gioco” “ogni bel gioco dura poco” “avere buon gioco” “scoprire il proprio gioco” “stare al gioco” “giocare a carte scoperte” “prendersi gioco di qualcuno” “fare buon viso a cattivo gioco” “mettersi in gioco” “giocarsi l’ultima carta”…


A parte gli aforismi d’autore che abbiamo messo in apertura, sono innumerevoli anche i modi di dire popolari sul gioco, che ne dimostrano l’importanza nella vita quotidiana degli esseri umani. Giocare è un nostro bisogno primario: giochiamo per divertirci, per metterci alla prova e verificare le nostre capacità, per sfidare chi ci sta intorno, per arricchire la nostra vita sociale, per comunicare e relazionarci con gli altri. Per vedere chi è più forte, noi o il destino. Chi non vuol cercare di avere la meglio in qualcosa, in qualche occasione, su qualcuno, che sia un avversario o la sorte?

Come ogni attività umana, a volte anche il gioco può degenerare, trasformarsi in una dipendenza patologica. Sentiamo ogni tanto di personaggi più o meno celebri che si bruciano rovinandosi col gioco, ma simili drammi colpiscono anche tanti comuni mortali, sebbene non ne parlino le cronache.

Ma non è di questi aspetti deleteri del gioco che ci vogliamo occupare: ad interessarci qui è soprattutto la sua natura genuina, quella che sboccia già in culla col neonato e che ha origine agli albori delle società umane.


La Storia narra da secoli di giochi sportivi e ricreativi, come i giochi olimpici dell’antica Grecia che erano sacri agli dèi ed erano il riferimento nel computo degli anni; i primi giochi di carte risalgono invece alle antiche civiltà dell’India e della Cina, mentre le carte da gioco come le conosciamo noi furono introdotte dagli arabi in Europa, attraverso la Spagna.

Uno dei giochi più antichi e allegorici è quello degli scacchi, che troviamo nella Persia del IX secolo a.C. citato dal poeta Hassan nel Libro dei Re. Tracce arabe e persiane si trovano nell’espressione “Shah mat” (scacco matto) che significa «il re è morto». Gli scacchi erano peraltro presenti anche nell’antico Egitto, dove un disegno sulla tomba di Nefertari, moglie del faraone Ramses II, raffigura la regina mentre gioca.

Sulle caselle bianche e nere – simbolo della lotta tra il bene e il male - i pezzi degli scacchi sono disposti con ordine e ognuno di essi può muoversi soltanto seguendo determinate regole: come vedremo, le regole sono un elemento fondamentale di ogni gioco. La figura più potente degli scacchi è la Regina, libera di muoversi senza vincoli, che vigila sulla sicurezza del Re scegliendo con attenzione le mosse e sfruttando la sua libertà di movimento. L’Alfiere simboleggia il guerriero che protegge la Fortezza e può muoversi solo diagonalmente, delineando i confini del territorio. Il Cavallo rappresenta la prudenza, può saltare i nemici ma ha movimenti limitati. La Torre è simbolo di forza e la linea dritta che segue rappresenta la rettitudine. Il pedone infine è il soldato semplice, l’iniziato che guarda avanti e non deve mai tirarsi indietro (visto che non può retrocedere) ma che viene elevato di rango una volta raggiunto il suo traguardo. Il fine degli scacchi è quello di imprigionare il Re senza dargli scampo, dichiarando lo scacco matto.


Lo storico olandese Johan Huizinga ha scritto nel 1938 un saggio sul gioco dal titolo “Homo Ludens”: in latino giocare si dice ludere e il termine italiano deludere – che come sappiamo significa “vanificare le speranze”, “venir meno alle aspettative” - viene proprio dal latino de-ludere, cioè smettere di giocare, uscire dal gioco. Un po’ come nella frase “non gioco più" che i bambini delusi e arrabbiati pronunciano quando se ne vanno e abbandonano i compagni.

Il gioco è peraltro più antico della cultura umana: Huizinga ha giustamente osservato che anche gli animali allo stato selvaggio giocano, senza averlo mai imparato dagli umani. E giocano come e meglio di noi, così come i cuccioli che si divertono con la lotta seguendo determinate regole, come quella di combattere e mordersi fingendo rivalità e rabbia, ma fermandosi sempre al momento giusto, prima di arrivare al sangue.

In effetti, il gioco inizia con l’origine dei tempi: il “Big Bang” mise tutto in movimento creando un vortice che non si sarebbe mai più fermato, mescolando le particelle di materia ed energia come un mazzo di carte e dando così inizio al gioco dell’Universo. Allo stesso modo hanno iniziato a giocare anche la vita e la selezione naturale.

In realtà tutto il nostro mondo è come un’enorme scacchiera su cui si muovono varie pedine, atomi, molecole, numeri, lettere, persone, eventi. Tutta la vita è un lanciare dadi e scegliere le mosse. Tutto ciò che accade è il risultato di queste mosse, gli amori, le amicizie, le carriere, le derive e gli equilibri sociali, la crescita economica, l’esplosione demografica e l’estinzione catastrofica, quando verrà. Ogni evento è come un grande gioco di cui forse all’inizio conosciamo solo le regole e il cui svolgimento dipende dal caso e dalle limitazioni imposte dalle regole. Anche il movimento delle particelle di energia e materia con cui è nato e si evolve l’Universo, pur essendo casuale, viene però guidato e pilotato dalle leggi della fisica che sono sempre state le stesse in tutto lo spazio e sono dunque regole universali.

Due fattori fondamentali del gioco sono dunque le regole e il caso. Chi vuole partecipare al gioco deve rispettarne le regole, prestabilite e accettate da tutti. Se si bara e si trasgrediscono le regole il gioco si rompe e si trasforma in una frode. “Bluffare” invece non è una trasgressione quanto piuttosto un’astuzia con cui si inganna l’avversario, compiendo mosse inusuali, che sembrano avventate, non preventivate, ma pur sempre regolari. Anche l’abilità è un fattore importante nell’influenzare l’esito del gioco: può essere interpretata come la capacità di un giocatore di sfruttare al meglio le regole esistenti.

E poi c’è il caso: il lancio di un dado o di una moneta - testa o croce – è guidato dal caso oltre che dalla legge di gravità, così come la fortuna e la sfortuna nel corso della vita sono figlie della buona o cattiva sorte.


Si è parlato finora di “gioco” in maniera vaga e generale. Questo termine comprende in realtà una vastissima gamma di significati, da quello familiare di gara e passatempo ad altri più sofisticati: è un concetto che va oltre la pura competizione e ricreazione. Nella fisica meccanica il “gioco” è la piccola differenza tra le dimensioni di due parti meccaniche accoppiate tra loro, differenza che consente il movimento relativo tra le due parti; esiste poi una branca della matematica, la “teoria dei giochi”, che studia metodi matematici e statistici che si applicano anche in economia, finanza, sociologia, politica e tanti altri campi.

C’è dunque il gioco dei muscoli che ci fa muovere, il gioco in Borsa che ci arricchisce o impoverisce, quello dei colori e delle forme che diventa opera d’arte, i giochi d’acqua e di luce che diventano spettacolo. Ma anche il gioco furtivo dell’amore, quello degli sguardi, dei sentimenti. Il gioco dei suoni che diventa musica, tant’è che “giocare” nelle lingue germaniche significa anche suonare musica, come nell’inglese “to play” nell’olandese “spelen” e nel tedesco “spielen”.

Abbiamo visto che esistono anche giochi che possono creare una pericolosa dipendenza, come le scommesse, le slot-machine e i giochi d’azzardo, o alcune lotterie. Così come i giochi a premi televisivi e i gratta-e-vinci, si tratta di attività a puro scopo di lucro, legate a interessi economici, nulla a che vedere con le sane attività ludiche che consentono invece di stimolare creatività e fantasia, di favorire rapporti sociali e di suscitare curiosità intellettuali.

Attività ludiche che vengono praticate a tutte le età, da neonati e da anziani, anche se con gli anni il piacere del gioco passa dal corpo allo spirito, e dai piedi alla mente. Tra queste attività – al chiuso o all’aperto – pensiamo ai giochi di società, di carte, di pazienza, alle attività agonistiche, alle competizioni sportive individuali o di squadra, praticate soprattutto in età giovanile. Poi ci sono i giochi “professionali”, che confinano con lo spettacolo e sono praticati da specialisti, come i giochi circensi, eseguiti da esperti acrobati e giocolieri.

Tra le tante distinzioni è interessante quella tra giochi ricreativi (plays) e giochi competitivi (games). In questi ultimi la regola prevede dei vincitori (solitamente uno) a cui va un premio, a spese di uno o più perdenti; i competitori possono essere due, come negli scacchi - in cui si può vincere, perdere o anche pareggiare – oppure molti, nel qual caso sono possibili diversi valori di vincita, dal vincitore unico che prende tutto alla distribuzione di punti in base alla classifica finale. Lo svolgimento di ogni partita è unico per via delle tantissime (forse infinite) possibilità di esecuzione. Il susseguirsi delle mosse porta a innumerevoli ramificazioni dell’albero delle decisioni, complicate dall’imprevedibilità del caso (il vento, il mescolamento delle carte, il lancio del dado) ma anche dall’ignorare le strategie degli avversari.

Tra i giochi ricreativi più comuni ci sono i passatempi in cui manca un competitore umano, ma dove si può ugualmente sfidare avversari virtuali, come il tempo, il numero di mosse, il caso, le combinazioni statistiche (come nei solitari con le carte). Esistono anche giochi ricreativi di puro diletto, dove si sfida in generale se stessi, come i cruciverba, i rompicapi, il sudoku e in generale tutti i giochi enigmistici.


Da quanto abbiamo visto, possiamo riassumere le caratteristiche del gioco nei suoi tre elementi essenziali, che sono il desiderio di raggiungere uno scopo (dare scacco matto, vincere una somma o un trofeo, risolvere un enigma…), la presenza di uno o più avversari (in carne e ossa, oppure il tempo, o il caso) che ostacolino questo desiderio, e infine alcune regole da seguire.

A ben vedere, si tratta di condizioni che riscontriamo quasi quotidianamente nella vita reale: ogni giorno abbiamo a che fare con obiettivi da raggiungere, ostacoli che si frappongono e norme e regolamenti da rispettare. Se fossero caratteristiche esclusive del gioco significherebbe che per tutta la vita non facciamo quasi altro che giocare, quotidianamente, sfidando in continuazione la sorte, il tempo, l’ambiente ostile, il partner, il capoufficio…

Nel mondo animale i cuccioli giocano alla lotta per addestrarsi e imparare ad affrontare la vita, una volta persa la protezione materna. Allo stesso modo, il gioco infantile è una scuola di vita, indispensabile ai bambini per imparare a crescere, ad affrontare le sfide e gli ostacoli che troveranno da grandi, a rispettare le regole della società adulta. Grazie al gioco i bambini sviluppano creatività, immaginazione, allargano la mente e i punti di vista attraverso l’interazione coi compagni, imparano a sottostare alle regole e ad accettare le sconfitte. Oltre a ciò, sappiamo che i giochi sportivi e all’aria aperta favoriscono lo sviluppo fisico dei ragazzi aiutandoli a crescere in buona salute.


Purtroppo oggi tra i bambini non vanno più di moda i giochi di strada. Tanti gioiosi passatempi tradizionali - tramandati per generazioni - non si praticano più e sono avviati ormai all’estinzione, soppiantati prima dalla televisione, poi dalle playstation e dai giochi online.

Per gli adulti le cose non vanno però molto meglio: i giochi d’azzardo e le lotterie (spesso gestite dallo Stato) stanno sostituendo i giochi classici, tant’è che stanno poco a poco fallendo molte case produttrici di giochi in scatola. Se si perde il gusto genuino del gioco vengono meno i valori della convivenza e la consapevolezza di partecipare alla società alla pari con gli altri; si diventa incapaci di accettare le sconfitte e di sottostare alle regole, si accampano diritti senza assumersi doveri, persino il gioco dell’amore si riduce a mero desiderio di possesso.


Non essere più capaci di giocare, di mettere in gioco il proprio Ego e di prendersi gioco di se stessi: tutto ciò può trasformarsi alla lunga in un gioco pericoloso. Così come il finale di quest’articolo, con tutte queste ripetizioni, che forse sarà il caso di chiudere al più presto. Anche perché alla fin fine… ogni bel gioco dura poco!


©Louis Petrella

Dicembre 2023

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