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Sul divano

“Oblomov” è il titolo del romanzo pubblicato nel 1855 dallo scrittore russo Ivan Gončarov, che prende il nome dal suo protagonista, un proprietario terriero “padrone” di un centinaio di servi della gleba.

Il romanzo di Gončarov è ambientato nella Russia del diciannovesimo secolo, dove esiste ancora la servitù della gleba e dove i proprietari terrieri vivono di rendita nell’ozio e nel lusso. Tutti lavorano per Oblomov, viene servito e riverito dai suoi servi, che lo nutrono, lo lavano, lo vestono, gli infilano persino le scarpe. Vive in una continua apatia, senza bisogno di fare nulla per vivere, del tutto ignaro e indifferente di quanto avviene nel mondo. L’immagine più emblematica del protagonista, quella che appare sulle copertine delle varie edizioni del romanzo, lo ritrae sdraiato sul divano, intento al nulla.

Ricchezza e rendite a parte, il disamore di Oblomov per le vicende del mondo è per certi versi simile a quello che coinvolge oggi molte persone, soprattutto dopo l’epidemia del Covid-19. Un tipo di apatia e disinteresse che è stato definito recentemente come “modalità Goblin” o meglio, in inglese, “Goblin mode”: espressione – questa - votata a stragrande maggioranza (dal 93% dei votanti) in un sondaggio sulla “parola inglese del 2022”, lanciato qualche mese fa online dall’Oxford English Dictionary presso un pubblico mondiale di anglofoni.

Il termine "Goblin mode" era apparso per la prima volta sui “social” intorno al 2009, ma solo nei primi mesi del 2022 ha trovato un ampio seguito, diventando virale dopo la diffusione di un tweet dove il rapper americano Kanye West (impegnato anche politicamente) annunciava la rottura del suo rapporto con l'attrice Julia Fox, a causa dell’atteggiamento di lei, troppo in “modalità Goblin".


Ma che vuol dire “Goblin”?... Nella letteratura nordica i “Goblin” erano creature leggendarie simili agli elfi, che vivevano rozzamente nelle foreste senza seguire le regole dei popoli civilizzati. L'espressione “Goblin mode” equivarrebbe dunque al desiderio di essere impresentabili, senza preoccuparsi dell’aspetto esteriore, del vestiario, della cura della persona, dell'igiene, del giudizio altrui. Uno stile di vita lontano dai condizionamenti esterni e inaugurato, come dicevamo, con la pandemia che ha obbligato al distanziamento e al ritiro sociale, stimolando condotte di vita più disordinate (ricordo le gag con le videochat in giacca, cravatta e… mutande). Il lockdown ci ha portati a trascorrere molto più tempo in casa e per molti quest’abitudine si è conservata, con l’idea persistente che tuttora il mondo esterno non sia un luogo piacevole dove avventurarsi: i media ci portano soprattutto notizie di violenza, cronaca nera e conflitti, dandoci la sensazione che il mondo sia sempre insicuro e minaccioso.


Pertanto la modalità Goblin, esplosa come abbiamo detto nella prima metà del 2022 - quando le restrizioni Covid sono state allentate ed è iniziata l’invasione russa in Ucraina - non è soltanto una forma di pigrizia. Si tratta piuttosto di uno stato d'animo e di uno stile di vita che può aiutare a superare periodi difficili e a dimenticare per qualche tempo i problemi che affliggono il mondo. Un po' di ozio quindi come valvola per non scoraggiarsi di fronte alle situazioni negative provenienti dall'esterno, tra epidemie, guerre e disastri climatici. Si tratta anche del rifiuto di norme sociali, come abbiamo visto, con comportamenti ereditati da Covid e “telelavoro”, tuttora difficili da sradicare e che portano a un generale disinteresse per l’aspetto esteriore e al desiderio di spendere più tempo per se stessi. Anche i problemi personali - riguardo al lavoro, alla salute (anche mentale), all’instabilità economica, alla famiglia o alle relazioni sociali - sembrano affievolirsi dopo qualche ora passata a poltrire. E non è un caso che il termine "Goblin mode" sia stato lanciato nei mesi invernali, diffusosi poi su Twitter a febbraio: raffreddore, influenza, poca energia vanno infatti d'accordo con la modalità Goblin.

Modalità che abbiamo detto spinge a rifiutare le imposizioni estetiche della società, evitando di mostrarsi sempre ottimisti e sorridenti, tralasciando diete e “look” e preferendo piuttosto passare il proprio tempo dedicandosi agli hobby e alle piccole soddisfazioni personali, chiudendosi un po’ in se stessi. L’opposto dunque dell’immagine patinata e idealizzata mostrata di solito sui profili social, incoraggiando piuttosto a mostrarsi in situazioni più “normali”, in pigiama, sudati, spettinati, stravaccati sul divano, meno preoccupati dell’aspetto esteriore: nella vita vera di tutti i giorni. Una modalità che ha catturato lo stato d'animo soprattutto di chi si ribella agli standard estetici irraggiungibili e agli stili di vita insostenibili esibiti sui social media. Una tendenza confermata dall’ascesa di piattaforme come “BeReal”, in cui gli utenti condividono immagini non curate di se stessi, catturando momenti di autoindulgenza in modalità “Goblin”.

Fortunatamente, lo “smart working” introdotto durante i lunghi mesi del lockdown è stato mantenuto in molti casi come possibilità di lavoro da remoto, anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Possiamo così permetterci di continuare a lavorare da casa, magari in pigiama, senza raderci né curarci troppo dell’aspetto esteriore, col computer sulle gambe (in omaggio alla traduzione letterale di “laptop”) e sdraiati sul divano, come faceva Oblomov, che però non aveva il computer.

A differenza del personaggio di Gončarov, infatti, noi non abbiamo servi della gleba al nostro servizio e ci tocca lavorare. E magari chissà, alzandoci un giorno dal divano per andare a migliorare quel mondo là fuori, che ci fa ancora tanta paura.


©Louis Petrella

Giugno 2023

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