In viaggio
- Louis Petrella

- 14ore
- Tempo di lettura: 5 min
“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”
John Steinbeck
“Viaggiare rende modesti. Ci mostra quanto è piccolo il posto che occupiamo nel mondo”
Gustave Flaubert
“Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione,
una vitale necessità di sentirsi altrove”
Marguerite Yourcenar
“Una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima”
Dalai Lama
“Il viaggio più difficile di un essere umano è quello che lo conduce
dentro se stesso alla scoperta di chi veramente egli è”
Carl Gustav Jung
In un precedente articolo, dedicato ai confini, ho ricordato che gli esseri umani viaggiano e migrano da decine di migliaia di anni. Sembriamo una specie stanziale ma in realtà siamo in continuo movimento, alla continua ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso. L’uomo ha sempre sentito il bisogno di spostarsi, di allontanarsi da casa, spinto dalla necessità, dalla voglia di avventura, o anche solo dalla curiosità di sapere cosa c’è oltre il proprio orizzonte. Abbiamo tanti esempi storici e letterari di viaggiatori ed esploratori, da Ulisse a Stevenson, da Marco Polo a Jack Kerouac, da Ibn Battuta a Thor Heyerdahl, da Bruce Chatwin a Dante Alighieri (perché anche quello agli inferi è un viaggio).

L’esplorazione del mondo esterno procede di pari passo con quella interiore: ogni luogo e ogni cultura incontrati suscitano domande, emozioni e scoperte capaci di trasformare anche la percezione di se stessi. Viaggiare è una scuola continua: si apprendono lingue, usanze, storia, geografia; si supera la routine, si rompono gli schemi, si osserva come vivono gli altri e, allo stesso tempo, si comprendono meglio le proprie abitudini, i propri privilegi e tutto quanto si dava per scontato. Restare sempre nello stesso posto impedisce di cogliere quanto sia vasto il mondo e quante prospettive e modi di vivere esistano oltre i confini dell’esperienza quotidiana.
Chi viaggia rinnova quindi il proprio modo di pensare e di vivere, ed è inevitabilmente più ricco interiormente. Si dice che viaggiare sia l’unica cosa che si compra che renda più ricchi. Non di ricchezza materiale, ma di ricchezza dell’anima: ricordi, emozioni, nuove sensazioni, legami umani. Tutto ciò che si riporta con sé da un viaggio resta impresso a lungo, a volte per tutta la vita. Viaggiare riduce stereotipi e pregiudizi, mostra che ciò che è “altro” ha spesso una logica e un valore: le priorità cambiano, cresce l’empatia e si scopre che ciò che è distante e diverso non è necessariamente né strano né migliore né tantomeno peggiore, ma può ampliare la nostra visione. Come ricorda Flaubert, il confronto con culture diverse educa all’umiltà: scoprire il mondo ci rende modesti, perché rivela quanto sia piccolo e insignificante lo spazio che occupiamo.

Il viaggio diventa così un percorso interiore dal valore quasi terapeutico: non sorprende che molti raccontino di aver ritrovato se stessi proprio lontano da casa. Ogni esperienza di viaggio, anche la più semplice, può modificare il nostro sguardo sul mondo e su noi stessi. In effetti, quando viaggiamo restiamo ammirati da quello che vediamo, in molteplici forme: panorami e paesaggi che variano in continuazione, città storiche ricche di architettura che evocano altre epoche e altre culture; ma anche i dettagli minimi — un tramonto, un affollato mercato esotico, un borgo remoto, una porta scolpita, una conversazione con un abitante del posto, un piatto tipico locale – colpiscono tanto quanto i vasti paesaggi. Tutto ciò che sfugge all’ordinario può diventare bellezza, di una bellezza non solo visiva ma che coinvolge odori, sapori, suoni, ritmi della vita locale. Il fascino di un viaggio non sta quindi solo nelle tradizionali attrazioni turistiche, ma anche nella diversità, nella novità, nella sorpresa.
Sì, certo, il turismo cosiddetto “vacanziero” è un aspetto non trascurabile del viaggiare. Molte comunità sopravvivono proprio grazie al turismo, laddove scarseggiano altre fonti di guadagno. Visitare luoghi storici, monumenti, siti culturali, significa mantenerli vivi, turisti e visitatori possono essere testimoni, custodi e sostenitori di culture che altrimenti rischierebbero l’oblio. Il turismo, se gestito bene e responsabilmente, può portare risorse e incentivi alle comunità locali, favorendo investimenti nella conservazione ambientale e nella protezione del patrimonio naturale e artistico. Gestire bene il turismo significa soprattutto limitarne l’impatto ambientale e sociale, valorizzare la qualità sulla quantità, dare priorità agli aspetti culturali rispetto a quelli consumistici, ridurre il fenomeno del turismo di massa attraverso limitazioni e “numeri chiusi”. I viaggi, nell’epoca dei voli low-cost e degli alloggi “bed & breakfast” a buon mercato, sono ormai alla portata di tutti e prendere un aereo per una vacanza – più o meno esotica - non è più un lusso, come poteva essere qualche decina di anni fa. Pertanto il mondo intero diventa a portata di mano, il numero di turisti in viaggio aumenta a dismisura, mentre gli spazi delle destinazioni restano gli stessi, col rischio – già reale in molti casi – che si degradino paesaggi e siti, si consumino risorse, si alteri lo spirito delle comunità locali. Molti centri storici sono ormai invasi da b&b, ristoranti e negozi di souvenir, e la vita quotidiana degli abitanti locali ne soffre. Ovviamente la responsabilità non può ricadere esclusivamente sui gestori del turismo, che siano enti pubblici, amministrazioni locali o privati. Anche ai viaggiatori spetta avere una coscienza responsabile del viaggiare: scegliere itinerari, mezzi di trasporto, alloggi e comportamenti che rispettino l’ambiente, le persone, la cultura locale.

Alla fine, il viaggio non è un lusso - e non solo grazie ai low-cost: si tratta di una necessità interiore, quasi spirituale, per vivere il nostro mondo in pienezza. Non soltanto per vedere, ma per stringere legami, imparare, meravigliarsi. Viaggiare è scoprire che il mondo è vario, che la vita non è monolitica, che l’umano è molteplice. D’altronde l’umanità è stata forgiata dai viaggi: le diverse popolazioni, con le diverse civiltà e culture, sono frutto dei viaggi compiuti da “homo sapiens” da quando i suoi antenati sono scesi dagli alberi e hanno iniziato a muoversi, a spostarsi in tutti i continenti e a diversificarsi. Ci siamo quindi evoluti grazie ai viaggi, arricchendoci culturalmente con il distanziamento fisico e la selezione, naturale e culturale. Quindi per noi oggi, dopotutto, viaggiare è un po’ fare il percorso inverso, riunirci e riscoprire le radici comuni, lo spirito umano più profondo.

La destinazione non è dunque un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. E viaggiare non è cambiare semplicemente località: la méta è già soltanto partire, un vero viaggiatore non ha piani precisi, visto che lo scopo non è arrivare ma trasformare se stesso, cambiare opinioni e vincere pregiudizi. I viaggi sono legati al superamento non solo delle frontiere geografiche, ma anche di quelle della mente; ovunque andiamo cerchiamo la nostra anima e a volte, come diceva Montaigne, anche se non sappiamo in realtà cosa cerchiamo, almeno sappiamo bene da cosa fuggiamo. Ma qualunque sia il motivo per cui si parte, ogni viaggio inizia sempre con il primo passo, e solo chi osa allontanarsi potrà scoprire fin quanto lontano si può arrivare. E anche chi non sa esattamente dove andare, se troverà comunque una destinazione dentro se stesso, sarà già andato comunque abbastanza lontano.
© Louis Petrella
Dicembre 2025



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