“Un piccolo passo per un uomo,
un passo da gigante per l’umanità”
È la frase pronunciata da Neil Armstrong, la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, scendendo la scaletta del LEM (il Lunar Excursion Module), in procinto di poggiare il piede per la prima volta sul suolo lunare: sono passati cinquant’anni da quando il primo essere umano ha messo piede sulla Luna. La grande sfida era iniziata solo sette anni prima, quando il presidente Kennedy pronunciò il celebre discorso in cui promise che gli americani sarebbero arrivati sulla Luna entro la fine del decennio. Fu il coronamento della gara intrapresa coi sovietici per la conquista dello Spazio, uno dei tanti risvolti della guerra fredda. Finita la quale, anche l’interesse per la Luna e per i viaggi spaziali iniziò a scemare, con la sospensione del programma Apollo e la cancellazione degli altri progetti in cantiere. Ma quella sfida astronautica non è stata del tutto inutile e vana, non è stato solo denaro sprecato. Le tecnologie spaziali sviluppate allora hanno avuto tante applicazioni in molti altri campi, nelle comunicazioni, in medicina, nell’informatica, nei trasporti: molti strumenti che utilizziamo oggi quotidianamente, come il telefonino o il computer su cui sto scrivendo, nascono anche da quella sfida spaziale di cinquant’anni fa.

Quel “passo da gigante per l’umanità” sembrava davvero il preludio a una marcia inarrestabile verso il futuro, che avrebbe portato l’uomo a vette tecnologiche e scientifiche mai viste. Gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso vissero con grande entusiasmo l’avventura spaziale e tecnologica, persino nella musica popolare fu un turbinìo di “rocket men”, “meteormen”, “galactica”, “space oddity”... Ma era un periodo di speranze, di nuovi orizzonti, di promesse anche in altri campi della società: Woodstock, la rivoluzione hippy, il movimento femminista, come pure Martin Luther King, le contestazioni per il Vietnam, la “primavera di Praga”...
In realtà, da allora l’umanità è andata avanti a passi di gambero, un po’ avanti un po’ indietro. Oggi mi pare che siamo nella fase indietreggiante, in un periodo di crisi e incertezze. Tra antivaccinisti, terrapiattisti, sovranisti, complottisti vari, si respira una profonda crisi di valori, di regresso, di rinuncia a diritti che sembravano ormai acquisiti, di diffidenza nei confronti della scienza e della cultura in generale. Dopo 50 anni si fanno risentire gli scettici, quelli convinti che la conquista della Luna sia stata tutta una messinscena, un colossale complotto che ha coinvolto migliaia di persone in tutto il mondo, per almeno un decennio.
Semplicismo e superficialità caratterizzano quest’epoca, traboccante di slogan, tweet e post che creano una loro realtà parallela “à la carte”, spingendo il popolo verso una beata ignoranza e dandoci così la sensazione di essere sprofondati in un nuovo Medioevo. La speranza è dunque che arrivi presto anche un nuovo Rinascimento, inteso letteralmente come “rinascita” della coscienza e dell’intelletto umano, in cui tornino in auge i valori culturali e scientifici che stiamo smarrendo. Proprio così come accadde nel primo Rinascimento mezzo millennio fa, quando ci svegliammo dal buio medievale grazie alla luce e alle menti di personaggi come Leonardo da Vinci, di cui proprio quest’anno ricorre il 500° anniversario della morte.

Leonardo da Vinci e Rinascimento: un binomio che, oltre allo (sbiadito) orgoglio italico, richiama subito alla mente l’idea stessa di genialità nell’arte e nella scienza. Ma che cosa aveva di speciale il Rinascimento? Sull’arte va bene, siamo d’accordo. Ma la scienza? Esisteva già allora la Scienza, così come la intendiamo noi? Ed è stato poi Leonardo, l’unico genio di quel periodo?
Una delle caratteristiche del Rinascimento – periodo aureo a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento – sono stati i fitti interscambi e le feconde relazioni tra diversi campi del sapere - ingegneria, tecnica, arte, persino filosofia - che portarono alla rivoluzione scientifica che avrebbe trasformato la visione del mondo. Il moderno concetto di “scienza” non esisteva ancora, o piuttosto nacque proprio allora, grazie alle menti eccelse di quell’epoca, che investigarono la Natura e vollero derivare la teoria dalla pratica e dalla sperimentazione.
Molti artisti contemporanei di Leonardo erano anche architetti o ingegneri, la versatilità in quanto tale non era del tutto sorprendente all’epoca; la particolarità del genio di Vinci era peró il fatto che fosse un “maestro” in tutto. Era soprattutto l'abilità in ogni cosa che facesse che meravigliò anche i suoi contemporanei. Ancora oggi proviamo profonda ammirazione davanti all’eclettismo di Leonardo, eccelso pittore, architetto, anatomista, ingegnere, ma anche pensatore sistemico, ecologista ante-litteram con profondo rispetto per la vita, nonché inventore appunto del moderno metodo sperimentale, e cioé scientifico.
Eppure di lui, fino al 19° secolo, si conosceva solo il lato artistico, pittorico. Era celebre per i suoi ritratti, per la Gioconda, per l’Ultima Cena. I suoi famosi codici e taccuini furono scoperti solo due secoli fa, quando Napoleone decise di trafugare gli archivi coi documenti lasciati da Leonardo, fino ad allora rimasti abbandonati, e portarseli in Francia.

E proprio da quei documenti veniamo a sapere che Leonardo, in effetti, considerava proprio il disegno e la pittura come strumenti fondamentali di “scienzia”, di conoscenza, analisi e comunicazione. Riempì fogli e fogli di schizzi e disegni, molti di natura tecnica e ingegneristica, altri che sarebbero sfociati nei suoi celebri quadri e affreschi. Proprio all’inizio del suo “Trattato della pittura” Leonardo scriveva cosa fosse secondo lui la Scienza: “Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienzia se non passa per le matematiche dimostrazioni.” Dunque la teoria derivata dall’esperienza, dalla pratica, dall’esplorazione. Era curioso di capire come funzionasse la Natura, analizzava e cercava di unificare leggi matematiche e leggi fisiche, comprese l’ottica, i movimenti dei fluidi e degli esseri viventi. Portò anche lo studio dell’anatomia a nuovi livelli. Molte delle sue idee di macchine erano ispirate alla Natura, come quella della macchina volante che sviluppò quando iniziò a studiare il volo degli uccelli.

Leonardo studiava, non smise mai di imparare. E, spinto dalla curiosità e dalla voglia di indagare le connessioni tra i fenomeni naturali, creò analogie inedite per l’epoca (come appunto i movimenti nei fluidi e nell’aria, alla base dei suoi studi sul volo). Prendeva il suo tempo, fu quasi sempre in ritardo nella consegna – quando consegnava - delle opere che gli venivano commissionate, non per mancanza di voglia o perché gli pesasse il lavoro, ma perchè al contrario voleva fare troppe cose contemporaneamente e veniva distratto dai suoi molteplici interessi. Aveva spesso la “testa tra le nuvole”, e anche più in alto, visto che si occupò pure della Luna: Leonardo fu tra i primi a sostenere che il nostro satellite non emana luce propria, ma riflette quella del Sole. Scrisse infatti che “la Luna non è luminosa per sé, ma bene è atta a ricevere la natura della luce a similitudine dello specchio e dell’acqua, o altro corpo lucido”.

Sebbene si definisse “omo sanza lettere” a causa della sua formazione pratica, del suo interesse per l’esperienza e l’osservazione diretta della Natura, Leonardo volle confrontarsi anche con testi classici, medievali e contemporanei. Forse voleva diventare scrittore (autore di trattati), come lo era stato pochi decenni prima uno dei suoi ispiratori, Leon Battista Alberti. Perciò si fece una biblioteca eccezionale per i suoi tempi, con oltre 150 volumi, oggi purtroppo dispersi. Si mise con impegno a studiare il latino e la matematica, indispensabili per approfondire i suoi studi teorici. Fu amico di intellettuali, come il frate francescano Luca Pacioli, autore di un trattato di aritmetica e geometria che Leonardo comprò e grazie al quale si avvicinò alla matematica. Ma Leonardo era anche un pragmatico: sebbene si interessasse al volo e alla Luna non viveva sempre tra le nuvole, sapeva cogliere le opportunità concrete (e terrene). Sperando di lavorare per Ludovico Sforza, il duca di Milano, intorno all’età di trent’anni gli scrisse una lettera di presentazione (un CV, diremmo oggi) che vantava la sua abilità di ingegnere militare, con frasi come “se dovesse sorgere la necessità, farò cannone, mortaio e ordinamenti leggeri di un disegno molto bello e funzionale.” Le sue capacità di pittore venivano esposte solo alla fine della lettera, quasi di sfuggita. Sapeva cosa interessava di più all’interlocutore, sapeva insomma “vendersi”. E infatti lavorò poi a Milano.

A cinquecento anni dalla morte, avvenuta il 2 maggio 1519 ad Amboise, Leonardo da Vinci resta un’icona dell’arte del Rinascimento al pari di Michelangelo e Raffaello. Ma non solo arte, dunque. Una mostra che abbiamo visitato a Roma, rimasta esposta alle Scuderie del Quirinale fino allo scorso giugno col titolo “La Scienza prima della Scienza”, ha sottolineato gli aspetti unici e innovativi degli studi tecnici e teorici di Leonardo, attraverso il confronto coi suoi contemporanei, come i già citati Leon Battista Alberti e Luca Pacioli, ma anche Francesco di Giorgio Martini, Donato Bramante e altri.
Abbiamo visto che gli aspetti più innovativi di Leonardo, la sua eredità culturale, riguardano la sua capacità di osservazione e, soprattutto, il pensiero trasversale, la creazione di relazioni e connessioni tra i vari rami della conoscenza. Incarnò l’esemplare del genio, animato da un’insaziabile sete di sapere, con tante domande a cui cercava risposte attraverso il ragionamento e l’osservazione della Natura. In lui ritroviamo la stessa sete di sapere che secoli dopo spinse altri uomini a esplorare lo Spazio.
Oggi, con la superficialità di cui dicevamo, ma anche con l’eccessiva specializzazione che crea divisioni stagne tra i vari rami del sapere, abbiamo perso quel desiderio di conoscenza e di universalità che era tipico di Leonardo, la sua voglia di cogliere e unificare i vari aspetti della realtà. E sembra che, a parte poche iniziative private, abbiamo perduto anche quella passione e quell’entusiasmo che condussero alle rivoluzioni tecnologiche e interdiscipinari di mezzo secolo fa.
Ma chissà che non arrivi finalmente questo nuovo Rinascimento, che non avvenga l’auspicato rilancio. Magari proprio a partire dalle celebrazioni di quest’anno, il 2019, per i 50 anni dallo sbarco sulla Luna e i 500 anni da Leonardo da Vinci. Due svolte nella storia della scienza, passi da gigante per l’umanità. Due ricorrenze che cadono insieme, congiunzione magica, opportunità irripetibile, che non dovremmo lasciarci sfuggire.
©Louis Petrella
Settembre 2019
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