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Un bell'ambiente

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati,

la prendiamo in prestito dai nostri figli

(proverbio dei Nativi americani)


Lo scorso ottobre una violenta mareggiata, con onde alte fino a dieci metri, ha colpito la Liguria, distruggendo il porto di Rapallo. Pochi giorni dopo, la “foresta dei violini” di Belluno è stata rasa al suolo da raffiche di vento fino a 180 km/h. Si è parlato di “tempo impazzito”, di “emergenza meteo”, ma non sono che le conseguenze sul clima delle attività umane. E non si tratta nemmeno più di emergenze, ormai, ma di fenomeni sempre più frequenti.


Ho così deciso di parlare anch’io di cambiamento climatico, correndo però il rischio di non aggiungere molto al dibattito. L’ambiente è infatti sotto i riflettori, recentemente se n’è discusso in occasione della conferenza sul clima di Katowice (la “COP24”) dello scorso dicembre, ma è soprattutto diventato un argomento di attualità per le scuole e per le giovani generazioni grazie all’attivismo della studentessa Greta Thunberg. Questa sedicenne svedese aveva deciso che ogni venerdì non sarebbe più andata a scuola e si sarebbe invece seduta davanti al Parlamento del suo Paese, con un cartello con la scritta “sciopero della scuola per il clima”. Greta è diventata un simbolo per migliaia di studenti di vari Paesi, primo fra tutti il Belgio, che seguono il suo esempio marciando e portando avanti gli “scioperi per il clima”.

Non solo in Europa, anche oltre l’Atlantico, nonostante l’insensibilità di Trump, i timori legati all’inquinamento, allo spreco di risorse, alle emissioni di gas serra e in generale agli effetti dei mutamenti climatici sono sempre più diffusi.

“Dite di amare i vostri bambini ma state distruggendo il loro futuro” è scritto sul cartello esposto da una bambina e condiviso su Twitter da Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane parlamentare di sempre del Congresso degli Stati Uniti.


Peraltro, la citata conferenza sul clima di Katowice si è conclusa con un accordo poco ambizioso. Ci sono stati buoni propositi ma pochi impegni vincolanti, nonostante gli allarmi degli scienziati. Sono stati decisi i criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica e valutare le azioni dei singoli Paesi nel contrasto al cambiamento climatico. La dichiarazione finale ribadisce la richiesta di aggiornare gli impegni entro il 2020, già formulata a Parigi nel 2015. Tutto rinviato dunque all’anno prossimo, quando i governi presenteranno (forse) piani climatici più rigidi.

I provvedimenti presi a Katowice sono quindi molto modesti, anche perché non impegnano in alcun modo gli USA, secondo Paese più inquinatore del mondo dopo la Cina, visto che il loro presidente Trump si è sfilato dagli accordi, assumendosi una pesante responsabilità.

Ma dicevamo dei moniti e degli allarmi della Scienza. È ormai provato che il mondo è diventato e diventerà sempre più caldo. Il 2018 ha battuto tutti i primati. Sono state registrate temperature record in molti luoghi, in un periodo insolitamente prolungato di caldo, mentre il clima sta cambiando più velocemente di quanto pensiamo. Per continuare a stare su un pianeta vivibile dobbiamo mantenere l'aumento di temperatura entro 1,5°C. Eppure a Parigi nel 2015 era stato proposto addirittura un obiettivo “light”, che prevedeva un aumento delle temperature medie di 2°C. Ma il rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ci avverte che rimanere in quell’obiettivo “light” di Parigi comporterà enormi danni economici e sociali e ci esporrà a situazioni meteorologiche ancora più estreme: maggiori precipitazioni, tifoni e uragani sempre più intensi, maggiori rischi di siccità e desertificazione, inondazioni e innalzamento del livello dei mari per lo scioglimento dei ghiacci artici, con la sparizione di molte nazioni insulari, come le Maldive o i Paesi del Pacifico, accelerazione dell’estinzione di molte specie di piante e animali, che non avranno il tempo di adattarsi alle nuove condizioni climatiche.


Certo, impatti ambientali e sociali importanti avverranno anche con un aumento di 1,5°C, colpendo soprattutto i Paesi in via di sviluppo, gli ecosistemi artici, le regioni aride, le isole. Anche se riuscissimo a ridurre drasticamente le emissioni, gli effetti dureranno nel tempo: le masse terrestri, soprattutto i grandi corpi di acqua e ghiaccio, possono impiegare centinaia di anni per rispondere ai cambiamenti di temperatura, e ci vogliono decenni per rimuovere i gas serra dall'atmosfera. Il cambiamento climatico è ormai avviato, l’effetto serra sta già causando carenza di acqua dolce, mette a repentaglio la produzione alimentare, e già assistiamo ad alluvioni, tempeste, ondate di calore, con sempre maggiore frequenza. Se non riusciremo a invertire la rotta avremo sempre più morti per carestie e nuove ondate migratorie, nonché costi esorbitanti per rimediare agli impatti del clima e riparare i danni. Il che dovrebbe preoccupare anche i cinici, i freddi economisti, coloro che guardano solo all’aspetto venale e monetario.

Tanto più in tempi di nazionalismi e sovranismi, coi profughi che bussano alle nostre porte e con la crisi migratoria che occupa i titoli di tutti i giornali. I rifugiati, i migranti che rischiano la vita cercando di sfuggire alle condizioni disperate dei loro Paesi, sono vittime degli stessi drammi contro cui si battono gli ecologisti e gli amanti della natura. Non solo dunque guerre e persecuzioni politiche, ma anche fame, siccità, alluvioni, povertà cronica... Lo status di rifiugiati economici dovrebbe avere lo stesso valore di quello di rifugiati politici.

Non c’è quindi più tempo da perdere. Soprattutto se pensiamo che Paesi come India o Cina non hanno ancora raggiunto i livelli di consumismo dell’Occidente, ma ci arriveranno presto. Bisogna abbandonare le fonti fossili come carbone, gas e petrolio, accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, ridurre plastiche e imballaggi, sfruttare i rifiuti come fonte di energia, fermare la deforestazione e salvaguardare la biodiversità.

E non solo i governi, anche i cittadini vanno sensibilizzati: sono frequenti i casi di disobbedienza o ribellione nei confronti di misure ambientali, come l’obbligo di usare sacchetti biodegradabili o di fare la raccolta differenziata dei rifiuti. In campagna elettorale non se ne parla mai, l’argomento non fa presa sulla popolazione.

Spesso peraltro le misure adottate per combattere il surriscaldamento si limitano a interventi troppo dispendiosi per i cittadini (come più tasse sui carburanti, costosi lavori di riqualificazione delle case, pannelli solari e auto elettriche a prezzi di mercato...), alla portata di poche tasche e perciò impopolari. Una minima parte della popolazione accetta o può permettersi queste misure, anche perché comunque salari e stipendi non aumentano in proporzione: pensiamo a come sono nate le proteste dei “gilets gialli” in Francia, per l’aumento delle accise sui carburanti. I governi dovrebbero invece investire di più per ridurre le emissioni incentivando altre misure, più appetibili per i cittadini, come trasporti pubblici alla portata di tutti, ferrovie meno care, sussidi per pannelli solari accessibili a tutti i portafogli.


Assistiamo dunque ad accesi dibattiti su cambiamenti climatici e riscaldamento globale. Una volta però si parlava più di “ecologia”; oggi questo termine non è più tanto di moda, come se l’ambiente e l’inquinamento fossero ormai solo una questione di temperature e di meteorologia.

“Ecologia” significa studio della casa (dal greco oikos = casa e logos = studio) e, a differenza dell’”economia” (gestione della casa), dovrebbe prescindere dal profitto, dall’opportunismo, dall’egoismo, dal non voler perdere o rinunciare a qualcosa. L’ecologia deve andare oltre, deve preoccuparsi di conservare e proteggere tutta la “casa”, indipendentemente dall’utilità e dai vantaggi che ce ne derivano.

L’ecologia, oltre che mera lotta ai mutamenti climatici, dev’essere qualcosa di più vasto, una ricerca di armonia tra i viventi, del significato e del ruolo dell’Uomo e del suo posto nella Natura. L’Uomo approfitta del mondo e della natura per quello che può trarne, come se fosse il suo orto privato, ma neanche un ortolano sfrutta e violenta il proprio orto oltre ogni limite, come stiamo facendo noi con la Terra. Sarebbe più opportuno vivere la Natura non solo come orto ma anche come giardino, giusto per ammirarne la bellezza e l’armonia, trasformandoci in giardinieri solerti e amorevoli.

Già Francesco d’Assisi, nel suo Cantico delle Creature, chiamava “fratelli” e “sorelle” tutti gli elementi della natura, il sole, la luna, ogni essere vivente e non vivente: sorella acqua, fratello sole, sorella luna. Persino gli elementi di cui gli uomini avevano timore: fratello fuoco, fratello lupo... All’epoca di San Francesco, infatti, l’Uomo temeva la Natura. Oggi invece pare che sia la Natura a dover avere paura dell’Uomo. Per il momento però, perché alla fine gli sopravviverà. L’uomo si crede onnipotente, pensa di avere tutto sotto controllo, di avere il diritto di sfruttare e violentare la Natura sottomettendola al suo profitto. Ma presto si confronterà con la realtà e sarà un risveglio amaro.

Da quando ha iniziato a espandersi nel mondo, l’Homo Sapiens ha sempre causato enormi danni ambientali, portando all’estinzione migliaia di specie animali e vegetali, ovunque andasse. Ma finché si estinguevano specie esotiche sconosciute, si intossicavano mari e oceani lontani, sparivano foreste distanti e irraggiungibili, la questione ecologica ci preoccupava fino a un certo punto. Tutt’al più i nostri cibi non erano più tanto genuini, avevano forse qualche additivo chimico di troppo, ma pazienza, si mangiava lo stesso. Ora però l’inquinamento dell’ambiente inizia a presentarci il conto, poco a poco. Comincia davvero a interferire con la nostra vita quotidiana. A rovinarci le vacanze. Pioggie torrenziali spazzano via le nostre strade, maree sempre più alte si mangiano le nostre spiagge e i nostri campeggi, trombe d’aria e uragani scoperchiano le nostre case... Iniziamo a preoccuparci davvero. Ma queste sono le conseguenze nefaste del nostro comportamento negligente, che è durato anche troppo a lungo, come ha ricordato pure Greta Thunberg.

Anche se siamo già dentro al “climate change” e ne stiamo subendo gli effetti, forse non è ancora troppo tardi per tenerlo a freno e per mantenere questo pianeta vivibile. E soltanto il nostro rapporto con l’ambiente può salvare l'equilibrio ecologico della Terra. Un rapporto innanzitutto di rispetto e di amore per la Natura in sé, senza tornaconti personali. Che poi il tornaconto alla fine c’è sempre perché, come dice la teoria di “Gaia” e come afferma Fritjof Capra nei suoi libri (“Il Tao della fisica”, “La rete della vita” e altri) tutto il mondo è strettamente connesso, la Terra è un unico sistema vivente le cui parti sono tutte interagenti tra loro.

Anni fa scrissi per questa rubrica un articolo intitolato “Complimenti!”, che concludevo affermando che discendiamo tutti da un unico batterio unicellulare, antenato comune di tutto il mondo vivente, animale e vegetale. E che già solo questo dovrebbe bastare a farci ripudiare ogni forma di violenza contro gli altri viventi e contro la Natura.

L’ambiente è la nostra casa comune, una casa che, come dicevano i nativi americani, abbiamo solo preso in prestito dai nostri figli. A cui abbiamo la responsabilità di lasciarla integra. Anche perché non ce n’è un’altra di riserva, dove traslocare in caso di emergenza. “Non esiste un pianeta B”, recitano i cartelli degli studenti attivisti del clima. Quindi dobbiamo convivere nel nostro e proteggerlo con cura e rispetto.

L’ambientalismo è questo, dunque molto più che combattere i cambiamenti climatici o il riscaldamento globale. “Ecologia”, non solo “economia”. Anche se nessuno ci dovesse regalare niente, anche se non dovessimo guadagnarci nulla, l’importante è curare e accudire la nostra casa.

Quando stiamo bene in un posto, insieme ad altra gente, che magari nemmeno conosciamo ma che ci sembra simpatica e affabile, in una bella atmosfera, diciamo di trovarci in un “bell’ambiente”. Ecco, cerchiamo di conservarlo sempre così bello, il nostro ambiente. Anche perché non c’è alternativa: non avremo più futuro, in un ambiente brutto.


©Louis Petrella

Marzo 2019

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